giovedì 14 febbraio 2008

la pesantezza di un giorno...


Sto male ormai da troppe settimane.
Ho paura: non voglio ricaderci, non posso perdere il controllo di me stessa, delle mie reazioni, dei miei desideri e dei miei pensieri.
Ma faccio così fatica: tutto mi sembra insostenibile. Qualsiasi cosa richiede uno sforzo disumano da parte mia. Alzarmi al mattino è l’azione più dura della giornata: di notte non dormo, oppure, mi sveglio di continuo. I pensieri sono vortici senza fine. Eppure, vorrei stare a letto, almeno per non essere un peso per me stessa. Soprattutto per me stessa.
Ma devo farlo ed ecco che mi alzo, sveglio Clo facendo finta di nulla, ci prepariamo e via, di corsa, come sempre, a scuola, al lavoro, ogni minuto si presenta il fantasma di una mia fuga, a chiedermi di scappare via, ma non posso, ho troppo responsabilità nei confronti di Clo.
Pausa pranzo, vado a casa, ormai tutti i giorni. Mi consente più tempo per piangere senza dare nell’occhio, senza essere vista. E di nuovo sorrisi, discorsi, ragionamenti, ragionevolezza: Il lavoro, di nuovo. Un sorriso: lo recupero da dentro la mia gola e lo vomito sulla mia faccia. Può stare piazzato li quanto serve per riuscire a convivere con il resto del mondo innocente e ignaro.
Ed ecco, finalmente, la fine dell’orario pomeridiano d’ufficio.
Hip hop, accompagnare Clo all’allenamento, i minuti contati, e non ci si concentra sulla stanchezza.... andiamo.
Siamo a casa, doccia per tutte e due, cena, e Clo va a letto. Adesso diventa tutto più difficile: siamo soli, io ed i miei pensieri.
Non ce la faccio: tutto il giorno li ho voluti ignorare, ma sono sempre li e sussurrano. Alla sera gridano e non resisto.
E’ un vortice ed un tunnel. Non ha uscita, ma non mi lascia tregua.

Ecco il telefono: un amico. Hanno tutti dei problemi di cui parlare, da confidare, da risolvere. Bisogna che recuperi il cervello che si sta spappolando sulle pareti della stanza: devo essere lucida, non posso dare un sostegno valido se non lo sono. Devo essere ragionevole: ascoltare, ragionare, parlare a segno.
Non posso farmi trascinare giu, non sarei utile a nessuno.
Ho voglia di sfogarmi anch' io: dico qualcosa ma non sono in grado di spiegare esattamente come mi sento. Anche perché non mi sento più. Faccio le stesse cose, mi comporto negli stessi modi, ma non mi ritrovo, non mi sento, non mi vedo.
Vorrei sparire.
Scappare da me. Perchè ora, sono solo io il mio problema.

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